Appunti di viaggio, California
Volo Lun. 15/02/16 – ROMA – AMSTERDAM – SAN FRANCISCO
Arrivati a San Francisco, California, U.S.A
Alle 15.10 tutti insieme andiamo all’ALAMO per il ritiro delle auto le procedure sono veloci. Finalmente in auto verso San Francisco, sbagliamo subito l’uscita, ma ci vuole pazienza e alle 18 siamo in albergo, in Lombard Street. C’è il sole e fa caldo, ma alla sera rinfresca Dopo un’ora siamo in strada alla ricerca di un localino dove mangiar qualcosa…NIENTE.. arriviamo fino al Ghirardelli, troviamo solo un negozio dove compriamo qualcosa e chiude subito dopo. Questa sera: frutta e yogurt.
Colazione: alcuni in camera, altri al bar a due isolati. Rifacciamo la strada di ieri sera fino alla “serpentina” di Lombard Street, la strada più tortuosa, più fotografata e frequentata dai turisti. Poi North Beach, Washington Square, Chinatown e la Little Italy piena di ristoranti, fino al Pier 1 davanti al Bay Bridge. Al Pier 39 dopo le foto ai leoni marini mangiamo il famoso Clam Chowder (sarà famoso ma non mi è piaciuto), facciamo l’escursione sulla baia, bella…arriviamo sotto il Golden Gate poi giriamo attorno ad Alcatraz. Al rientro andiamo al Museo Meccanico al Pier 45, è bellissimo e giochiamo un po’ DA VEDERE. Ceniamo in uno dei tanti ristoranti del Fisherman’s Wharf.
Oggi il cielo è grigio, dovremmo fare le 17 Miles, ma intoppi col navigatore, sbagliamo strada e dopo un’ora usciamo da San Francisco direzione sud, poi ci troviamo in campagna e …persi di nuovo. Sosta nella ventosa Santa Cruz Beach e decidiamo di rientrare. Il tempo peggiora, passiamo il Golden Gate e arriviamo a Sausalito che piove. Rientriamo in albergo e a piedi andiamo a prendere il Cable Car (ieri era stato impossibile per la lunga fila) Scendiamo a Union Square, giro da Macy’s e poi in cerca del ristorante, piove fortissimo, torniamo da Macy’s che ci sembra la soluzione migliore, ma è strapieno e così finiamo nello squallido David. Rientriamo in taxi, piove troppo.
Oggi c’è il sole, partiamo senza intoppi, ci fermiamo a Mariposa, bellissima cittadina, ci sentiamo proiettati nel Far West, mangiamo una pizza in un classico bar americano pieno di giovani, paghi la pizza e bevi a volontà (coca e altre schifezze dolci) Arriviamo ad Oakhurst alle 16 nel nostro bellissimo albergo. Giretto per il paese e concludiamo la serata nel ristorante dell’albergo dove mangiamo benissimo e per finire, al bar davanti al camino.
La giornata è bellissima, c’è la brina e fa freddo, l’albergo dista 24 km a sud dell’ingresso del parco. Lo Yosemite per gli americani è forse il più bello, viene considerato il gioiello dei parchi americani ma i miei compagni di viaggio lo trovano simile alle Dolomiti !!! Il panorama è magnifico, pareti di granito, cascate, sequoie giganti, il Tunnel View, l’Alf Dome che si specchia nel Mirror Lake, El Capitan uno dei più grandi monoliti del mondo. Le strade sono pulite ma attorno c’è la neve, riusciamo a fotografare una lince che passeggia tranquillamente tra gli alberi. Raggiungiamo Wawona: Mariposa Grove Museum, le sequoie giganti. Ci sono 10°. Verso sera raggiungiamo Fresno. Passeggiata nella Downtown e cena al Torito, stile messicano.
Alle 8.50 partiamo per il Sequoia National Park, nuvoloso e con nebbia, ma dopo Visalia c’è il sole. Attraversiamo coltivazioni di agrumi. Arriviamo alle 10.50, mezz’ora di fila per entrare, qui sole e caldo, ma per i passi servono le catene da neve. Tunnel Rock, Giant Forest Museum, il Sentinel, poi il General Sherman Tree (come volume è il più grande albero del mondo ed è alto mt. 82.5). Una foresta dii sequoie immersa nella neve che ci impedisce di raggiungere la Moro Rock (ci vorrebbero 4 ore con le racchette) Alle 14 partiamo, attraversiamo colline piene di pale eoliche, c’è un po’ di nebbia e la temperatura da 12° scende alla sera a 6°. Ora il paesaggio è arido. Arriviamo a Ridgcrest alle 18.30. Cena al vicino Kristy’s, ristorante di “famiglia” ci dicono, quindi niente alcolici, ma il cibo è buono.
Buona colazione servitaci dai gestori indiani gentilissimi e via verso la DEATH VALLEY, che non è una valle ma un bacino formatosi in seguito a movimenti sismici. Dune di sabbia e canyon marmorizzati. Stovepipe Wells Village, Furnace Creek visitor center segna 71° (circa 20°) e 190 feet (58 metri) sotto il livello del mare. Deserto e sassi, ma anche tanti fiori viola e gialli. ZABRISKIE POINT e le foto non si sprecano, Golden Canyon, Artists Drive e la Artists Palette, una tavolozza da pittore multicolore, Badwater a 84.6 metri sotto.l.m. una distesa di acqua salata. E dopo esserci riempiti gli occhi di questa natura splendida, via per Las Vegas dove arriviamo col buio, ma è ancora più affascinante dopo una curva vedere in lontananza tutte quelle luci. Il nostro albergo è sopra un casinò, attraversarlo è un incubo, ma le camere sono bellissime e la vista è sul Caesar Palace. Subito in strada a testa in su, andiamo al buffet della tour Eiffel, c’è la fila ed aspettiamo, mangiamo bene e tantissimo, vale i soldi spesi (tanti) ancora giri e foto, vediamo il gioco d’acqua con musica del Bellaggio, poi andiamo al Venetian (con i canali e le gondole e i palazzi ricostruiti…un’americanata) e ancora foto e foto.
Primo giorno che ci alziamo presto 6.30, colazione ai vari bar del casinò (c’è sempre gente che gioca) poi il tempo guadagnato lo perdiamo nell’uscire da Las Vegas, persi?? Un pò. Complice il navigatore….ma finalmente alle 10 siamo fuori, verso il Bryce Canyon che ci regalerà grandi emozioni. C’è il sole e fa caldo. Alle 13 comincia a nevicare (non abbiamo catene a bordo) ci fermiamo in un ristorante a chiedere informazioni, il gentilissimo proprietario ci dice di tornare sulla 15 e poi fare la 20, sarà più lunga ma non avremo problemi, e così facciamo. Da Panguitch la strada è bellissima, è la famosa Escalante. E finalmente ecco Il Parco nazionale del Bryce Canyon, non è propriamente un canyon ma un enorme anfiteatro originatosi dall’erosione del settore orientale dell’Altopiano di Paunsaugunt, è celebre per i caratteristici pinnacoli, gli hoodoos, prodotti dall’erosione delle rocce sedimentarie fluviali e lacustri, erosione dovuta all’azione di acque, vento e ghiaccio. Le rocce hanno un’intensa colorazione che varia dal rosso, all’arancio al bianco.
Il Bryce ha una superficie di 145 km² ed un’altitudine che varia tra 2400 m e 2700 m. I primi colonizzatori del canyon furono i mormoni che si insediarono a partire dal 1850, e fu chiamato così grazie a Ebenezer Bryce che si insediò in questa area nel 1875. L’area venne proclamata monumento nazionale nel 1924 e istituito come Parco nazionale del Bryce Canyon nel 1928. Il rosso che contrasta con la neve e il blu del cielo, è uno spettacolo immenso. L’Anfiteatro, Sunset Point, Inspiration Point e molti altri. Il Ruby’s Inn ci aspetta, albergo e ristorante favolosi. Ottimo il buffet zuppe e insalate. Ci sono 3° ma il grande camino acceso nella hall ci riscalda. Varrebbe la pena fermarsi due giorni e visitare i dintorni.
Partiamo alle 9.30 c’è il sole ma è freddo 1°. Prima sosta alla Lake Powell Dam. Il lago Powell è un lago artificiale creato sul fiume Colorado con la costruzione della Diga di Glen Canyon. Lungo quasi 300 km., il lago è al confine tra Arizona e Utah. Il fiume ed il cielo sono di un blu incredibile che contrasta col rosso delle montagne. A Page imbocchiamo la 98 e dopo 8 km. giriamo a sinistra e subito c’è il Visitor Center per la LOWER ANTILOPE CANYON quella che noi decidiamo di vedere (sulla destra invece c’è UPPER ANTILOPE CANYON) qual’è la migliore?? La nostra guida ci ha spiegato che la Lower ha più aperture in alto e quindi filtra più sole e c’è più luce. Alcuni dicono che sia meglio l’altra. Io vi consiglio, se avete tempo, di farle tutte e due, La prima dura un’ora mentre l’altra (sembra) due ore, bisogna solo riuscire ad avere I tours nelle ore giuste. Noi siamo arrivati alle 11.45 e il tour parte alle 12.30. L’ora giusta, quando il sole cade a picco sulle aperture. Partono gruppi di max 10 persone. Nell’attesa abbiamo mangiato. Davanti a noi ergono imponenti e minacciose le ciminiere del Navajo Generating Station: una centrale elettrica a carbone. Questo impianto fornisce energia elettrica a Arizona, Nevada e California. Fornisce inoltre la forza per il pompaggio di acqua del fiume Colorado per l’Arizona Project Central, la fornitura di circa 1,5 milioni (1,85 km3) di acqua ogni anno in Arizona centrale e meridionale. Dal 2013 il permesso di operare come una centrale a carbone convenzionale è previsto fino al 22 dicembre 2044. Il Generating Station Navajo è il terzo più grande emettitore americano di anidride carbonica. La nostra guida è una giovane navajo, molto brava. Davanti a noi c’è un gruppo fotografico e così abbiamo copiato I loro punti per fotografare…. non smetteresti mai di scattare foto.
L’Antelope Canyon consiste di due formazioni separate, chiamate Antelope Canyon superiore e Antelope Canyon inferiore. I due tratti sono separati dalla strada 98. Il rift che ha generato i due canyon, nel suo percorso verso il lago Powell trova per primo uno sbarramento costituito da una formazione di arenaria posta trasversalmente al suo percorso. Qui genera l’Antelope Canyon superiore (Upper Antelope Canyon) lungo solamente duecentosettanta metri, più agevole e facile. Proseguendo l’avvicinamento verso il lago, dopo cinque chilometri circa verso nord, l’erosione penetra nel terreno generando il più lungo e meno agevole Antelope Canyon inferiore (Lower Antelope Canyon) lungo oltre quattro chilometri. Entrambi i tratti, visitabili solo con l’assistenza delle guide Navajo, costituiscono una vera meraviglia della natura, e sono una vera sfida per i fotografi a causa delle difficili condizioni di luce. In alcuni periodi dell’anno e del giorno, il tratto superiore è caratterizzato dai fasci di luce che raggiungono il suolo. Entrambi i tratti dell’Antelope Canyon possono essere soggetti a inondazioni improvvise (flash flood). Violente piogge, anche molto distanti dal sito, possono infatti provocare improvvise e pericolose inondazioni con scarso o nullo preavviso.
Usciamo alle 13.45, le meraviglie non sono ancora finite. Torniamo indietro e dopo 5 km. da Page sulla 89 S ci fermiamo al HORSESHOE BEND (ferro di cavallo) per la forma che assume il Colorado girando attorno alla roccia. Si lascia l’auto nel piazzale e si percorre 1 km. in discesa su terreno sabbioso e poi la vista che si apre è spettacolare. Ci sono 9° ma il sole scotta. E poi via di corsa per la MONUMENT VALLEY, ma abbiamo perso troppo tempo, le cose da vedere e fotografare erano tante e così arriviamo all’ingresso alle 16.45 qui si paga perchè è l’unico parco di proprietà dei Navajo. Dopo capiamo, perchè ci ha chiesto dove era il nostro albergo e saputo che era di fronte al parco ci ha fatto il biglietto che dura due giorni. Siamo arrivati al tramonto, bello per le foto, ma quando siamo stati dentro alle 17.15 la sbarra era chiusa (chiude alle 17) molte le auto ancora dentro. Noi ci siamo accontentati del belvedere. Siamo arrivati all’albergo che era buio, immerso nel niente, un villaggio navajo con chiesa, negozi, distributore, albergo e resort. Bellissimo. Cena al ristorante dell’albergo, logicamente, attorno solo buio pesto. Cena ottima e pane tipico navajo. Col naso all’insù ammiriamo una stellata unica.
Alle 8 siamo al parco, è come entrare in un film, in attesa che passi la diligenza inseguita dagli indiani. La foschia lo rende ancora più affascinante La Monument Valley è uno dei simboli degli Stati Uniti occidentali. Il pianoro desertico è in realtà di origine fluviale (Colorado Plateau) e si trova al confine tra Utah e Arizona in un’area abbastanza isolata quanto estesa che dista più di 70 km dalla cittadina più vicina: Kayenta. La strada che conduce alla Monument Valley nella parte terminale è altrettanto famosa: essa segue un percorso rettilineo in leggera discesa che dà al viaggiatore l’impressione di calarsi all’interno della valle. La strada principale che conduce al luogo è la Highway 163. Il territorio è prevalentemente pianeggiante ad eccezione del fatto che la pianura è cosparsa da una sorta di guglie (geologicamente definite “testimoni di erosione”), dette butte o mesas a seconda della loro conformazione. Questi edifici naturali formati da roccia e sabbia hanno la forma di torri dal colore rossastro (causato dall’ossido di ferro) con la sommità piatta più o meno orizzontale; alla base si accumulano detriti composti da pietrisco e sabbia. Il percorso ad anello tocca tutti questi maestosi monumenti della natura. Il tempo è bellissimo anche se ci sono solo 6°. Usciamo alle 10.15 e alle 13 siamo al GRAND CANYON. Uno dei panorami più impressionanti del mondo. Entriamo dal Desert View Visitor Center al South Rim, più popolare e aperto tutto l’anno, l’altro il North Rim è aperto solo d’estate. Il bus-navetta c’è solo dal 1° marzo e così con l’auto arriviamo al Hermits Rest con lunghe soste nei punti più panoramici Cosa dire: IMMENSO, GRANDIOSO, FAVOLOSO. Usciamo alle 18 troppo tardi per fare il giro in elicottero (alcuni avrebbero voluto farlo anche se il prezzo è veramente alto $ 240) alle 19.30 siamo in albergo a Flagstaff. Cena tipica americana in un locale che più tipico di così non si può: il PORKI’S accanto all’albergo. Musica, colori, suoni, un bancone con 20 spine per la birra che va a fiumi. Oggi c’erano 10° alla sera 1°
Ci scateniamo nello Store del Distributore di fronte all’albergo a comprare di tutto e così partiamo alle 9.30 rientrando in California CI RIPRENDIAMO L’ORA PERSA e il caldo 21° Facciamo un pezzo della MOTHER ROUTE – la mitica ROUTE 66, volevamo vedere Needles, poi Victorville, ma ci siamo persi più volte e così abbiamo rinunciato, la trasferta è lunga e le miglia da percorrere tante. Arriviamo a Los Angeles alle 18.30. Il nostro albergo è a Venice. Usciamo subito e andiamo a Santa Monica a mangiare al BUBBA GUMP il paradiso dei gamberi, poi giro sul molo. Foto sotto la 66 END OF THE TRAIL e accanto a Forrest Gump.
Oggi giro della city: Hollywood Boulevard, il Chinese Theatre con le celebri impronte dei divi del cinema, vediamo un gruppo di italiani, stanno preparando per la posa della Stella a Ennio Moricone, poi davanti al Dolby Theatre dove fervono i preparativi per la consegna degli Oscar che ci sarà fra due giorni. Camminiamo sul Red Carpet (coperto dalla plastica) e su verso gli studios La scritta HOLLIWOOD sulla collina la vediamo da lontano. Andiamo agli UNIVERSAL STUDIOS giriamo fra negozi, insegne, ristoranti e bar, ma al momento di entrare anche i quattro che erano decisi rinunciano, la trovano un’americanata. Però chi c’è stato ha detto che ne valeva la pena, Mah!!!! $ 159 a pax sono troppi. Siamo entrati alle 11.45 e alle 14 usciamo. Ci sono 25°. Andiamo alla Down Tow, la Walt Disney Concert Hall progettata da Frank Gehry, i grattacieli, Los Angeles Times, fiori e sculture, Little Tokyo, El Pueblo che ci è piaciuto molto, l’Avila Adobe, la casa più vecchia della città risalente al 1818 ma non possiamo entrare perché chiude alle 16, la casa in mattoni rossi dove hanno girato scene del film “Il Monello” con Chaplin, ci sono molte foto. Sulla terrazza c’è un bellissimo murales che quando fu fatto destò scalpore per il soggetto e venne coperto, noi pensiamo si tratti di Rivera, anche questo è già chiuso. Cena ottima vicino all’albergo.
Oggi giornata dedicata alle spiagge. Partiamo alle 9 ci fermiamo alla MALIBU LAGOON, passeggiata fino alla spiaggia, ville super e surfisti, è caldo e non c’è vento, c’è molta gente. Poi Venice completamente diversa: più Hippy, moltissima gente, bancarelle, suonatori, chi va in bici, chi su rollerblade, ci sono piste apposite per questi e si vedono incredibili evoluzioni. Costeggiamo e a Huntington ci fermiamo per un gelato e poi fino alla Jolla, andiamo a piedi alle scogliere a vedere il tramonto (ma arriviamo un po’ tardi) è comunque molto bello, ci sono molte persone. Andiamo a mangiare al TREATS FROM THE DEEP una pescheria che ti cucina quello che vuoi, un’infinità di pesce, un grande tavolone al centro e altri tavoli con alti sgabelli, ti fai prendere dalla gola: ordini, ordini e così il prezzo sale. Ma i calamari alla griglia sono perfetti, il ceviche troppo piccante. Il nostro albergo è a Shelter Island Dr. con vista sullo Yacht Club. Bellissimo anche questo.
Giornata dedicata alla visita di San Diego e dintorni. Punta Loma, sosta a TIDEPOOLS poi al CABRILLO NATIONAL MONUMENT col suo bellissimo faro e la vista su San Diego, la Downtown e Coronado. Poi via verso la OLD TOWN: LA FIESTA DE REYES, con negozi, ristoranti, bar e la piazza con spettacolo di bambini e musica e dopo il Mexico, l’America col suo villaggio ricostruito: la ROBINSON ROSE, IL TEATRO CON MANIFESTI D’EPOCA, IL DEPOSITO DELLE CARROZZE. Poi andiamo all’isola Coronado a vedere il tanto famoso e discusso Hotel e la sua terrazza sul mare, piena di gente anche la spiaggia (meglio andare di sera). Torniamo nella San Diego moderna: Horton Plaza, Gaslamp (troviamo un parcheggio sulla strada gratuito….miracolo, il sabato e la domenica in molti parchegggi non si paga) foto a palazzi vecchi e nuovi e ricerca del ristorante. Finiamo al FRIDAY’S
Oggi giornata di trasferimento, passeggiata sul molo a far foto poi alle 10.40 partiamo, direzione aeroporto per consegna auto.
Katia Emiliani